Fattori predittivi del fallimento di terapie di prima linea con inibitori dell’integrasi. Clinical Infectious Diseases
Erstautor et al. Da qualche anno, gli inibitori dell’integrasi (dolutegravir, bictegravir, ecc.) sono parte integrante dei trattamenti antiretrovirali, in particolare come componenti dei trattamenti di prima linea (ossia primo trattamento prescritto a una persona che vive con HIV). Si tratta di farmaci con un’eccellente efficacia antivirale, buona tolleranza e, rispetto ad altri trattamenti, poche interazioni con altri medicamenti
Sono stati osservati rari casi di fallimento terapeutico durante un trattamento di prima linea con inibitore dell’integrasi. Questo studio ha voluto esaminarne le cause.
Le ricercatrici e i ricercatori hanno selezionato 1.419 persone affette da HIV che hanno cominciato un primo trattamento comprendente un inibitore dell’integrasi. Hanno analizzato come le persone hanno risposto al trattamento. Nel corso di 18.447 anni di osservazione (numero totale di anni durante i quali le persone sono state sottoposte a sorveglianza terapeutica), sono stati rilevati 121 fallimenti del trattamento.
I fattori di rischio associati al fallimento terapeutico erano la dimenticanza di almeno una dose di trattamento nel corso dell’ultimo mese, una carica virale superiore a 100.000 copie/ml nel plasma prima dell’inizio del trattamento e uno stadio di AIDS (CD4 < 200 cellule/uL). Per contro, un numero di cellule CD4 > 200 uL era un fattore protettivo contro il fallimento terapeutico.
Analizzando separatamente il dolutegravir in combinazione con altri due farmaci antiretrovirali, si sono ottenuti i medesimi risultati. Ciò è rilevante in quanto il dolutegravir è l’inibitore dell’integrasi maggiormente utilizzato.
Un’altra analisi di questo studio concerneva la rilevanza delle mutazioni “minori” potenzialmente associate a resistenza agli inibitori dell’integrasi e presenti nel patrimonio genetico dell’HIV. Ci si è posti la domanda se tali mutazioni possano giocare un ruolo nel fallimento dei trattamenti di prima linea. Mutazioni, potenzialmente associate a resistenza, erano presenti in 104 dei 646 pazienti in cui sono stati eseguiti test di resistenza prima dell’inizio del trattamento. Fortunatamente la presenza di queste resistenze minori non ha mostrato un impatto sull’efficacia della terapia.
Riassumendo, lo studio mostra che i fattori di rischio di un fallimento terapeutico con gli inibitori dell’integrasi sono gli stessi che erano stati associati al fallimento terapeutico con altre combinazioni di farmaci antiretrovirali. Inoltre, è stato dimostrato che le mutazioni minori nel gene dell’integrasi, messe in evidenza prima dell’inizio del trattamento, non compromettono l’efficacia della terapia.